L’export italiano dei beni del «Bello e Ben Fatto» – ovvero quei prodotti che coniugano qualità, design e narrazione dell’eccellenza italiana – viaggia attualmente oltre i 170 miliardi di euro. È quanto emerge dal Rapporto «Esportare la Dolce Vita 2025» elaborato dal Centro Studi Confindustria, che stima un potenziale inespresso per l’Italia pari a circa 27,6 miliardi di euro.
Questa platea include settori “storici” come moda, agroalimentare e arredamento, ma anche filiere emergenti come la nautica di lusso e la cosmetica, che stanno assumendo un ruolo sempre più rilevante.
I mercati-chiave
Il rapporto individua due grandi categorie di destinazioni: i mercati maturi (Stati Uniti, Germania, Francia, Regno Unito) e quelli ad alto potenziale (Cina, Emirati Arabi Uniti, Turchia).
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Per gli Stati Uniti viene stimato un margine di crescita dell’export italiano aggiuntivo di circa 3,1 miliardi di euro.
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Per la Germania e la Francia, rispettivamente circa 2 miliardi e 1,9 miliardi ancora da cogliere.
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Tra i paesi emergenti, la Cina rappresenta un potenziale quasi di 1 miliardo di euro, seguita da Emirati Arabi Uniti (circa 800 milioni) e Turchia (circa 600 milioni). Money.it
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L’America Latina e i Caraibi emergono come un’ulteriore «frontiera»: l’accordo commerciale Accordo UE‑Mercosur apre un bacino di circa 300 milioni di consumatori, con la possibilità di sfruttare il legame culturale e d’origine con l’Italia.
Questa combinazione segnala che il Made in Italy non deve soltanto guardare ai grandi mercati tradizionali, ma anche saper intercettare le nuove classi medie urbane nei paesi dinamici.
I settori che fanno la differenza
Nel panorama dell’export italiano, alcuni comparti mantengono la leadership, mentre altri stanno emergendo con vigore:
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Le cosiddette “3 F” – Fashion, Food & Beverage e Furniture – restano il cuore del Made in Italy, con un premio prezzo medio superiore al +25% rispetto ai concorrenti Francia, Germania e Spagna.
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Altri comparti in forte ascesa includono la gioielleria/oreficeria, la cosmetica, la nautica di lusso, e nicchie della meccanica di precisione/elettronica. Il successo dell’Italia deriva dal mix tra artigianalità, innovazione, design: non si vende solo un oggetto, ma un’esperienza, uno stile di vita.
Le sfide da affrontare
Nonostante le cifre promettenti, le aziende italiane si trovano davanti a ostacoli concreti:
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La maggior parte delle PMI deve accelerare su digitalizzazione, presenza e-commerce, capacità di “localizzare” l’offerta nei mercati esteri.
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La sostenibilità ambientale e produttiva è sempre più fattore chiave: i consumatori nei mercati maturi richiedono trasparenza, tracciabilità e impegno green.
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Il contrasto alla contraffazione e all’“Italian sounding” rimane centrale per tutelare il valore reale del Made in Italy.
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Nei mercati emergenti, pur elevato il potenziale, si manifestano rischi geopolitici, dazi, instabilità regolamentare (es. Russia, Kazakistan) che penalizzano la crescita.
Perché conviene guardare avanti
Per le imprese italiane, la strada dello sviluppo passa attraverso l’internazionalizzazione selettiva: dove la reputazione dell’Italia è forte e dove il consumatore è disposto a pagare un “premium” per la qualità.
E in questo contesto, il “tesoretto” potenziale di circa 27,6 miliardi di euro rappresenta non solo un obiettivo quantitativo, ma l’indicazione di nuove traiettorie: nuovi mercati, nuovi consumatori, nuovi segmenti merceologici.
Chi saprà combinare la forza del brand Italia con investimenti in innovazione, sostenibilità e canali digitali avrà buona parte del terreno coperto.