Coldiretti: 36 amministrazioni lucane in difesa del made in Italy
Trentasei amministrazioni locali hanno già aderito all’invito della Coldiretti di Basilicata in difesa del Made in Italy agroalimentare. L’appello lanciato dall’organizzazione agricola a protezione e tutela dei prodotti agroalimentari simbolo del paniere italiano (e lucano) contro la diffusione di prodotti che traggono in inganno circa la vera origine geografica e raggirano i consumatori, che non possono così scegliere in modo consapevole, è stato prontamente accolto e fatto proprio da 36 amministrazioni locali ricadenti nella provincia di Potenza e di Matera che hanno approvato all’unanimità un ordine del giorno a tutela del Made in Italy con uno specifico provvedimento adottato che hanno proceduto all’approvazione dell’ordine del giorno, condividendone appieno i contenuti ed impegnandosi a sostenere l’azione che Coldiretti ai diversi livelli proseguirà.
E’ arrivata così ad uno snodo fondamentale l’attività di sensibilizzazione di Coldiretti che sta conducendo, nei confronti dello “scippo” perpetuato dal cosiddetto Italian Sounding, ovvero la diffusione di prodotti che traggono in inganno il consumatore “sfruttando” l’evocazione della provenienza geografica, addirittura l’etichetta con la bandiera tricolore che sventola orgogliosa fino al packaging (la confezione); uno scippo che costa 60 miliardi di Euro l’anno. Una mobilitazione, quella a difesa del Made in Italy, in perfetto stile Coldiretti con l’obiettivo di coinvolgere le istituzioni, l’opinione pubblica e i consumatori.
Sullo sfondo dell’agitazione di Coldiretti la denuncia del “caso Simest” da parte del presidente nazionale, Sergio Marini, sull’impiego improprio di risorse pubbliche da parte della controllata dal Ministero dello sviluppo economico, destinate a finanziarie direttamente o indirettamente la produzione o la distribuzione di prodotti alimentari che non hanno nulla a che fare con il tessuto produttivo del nostro Paese. “La difesa del Made in Italy e quindi di tutto l’agroalimentare italiano non è una questione esclusivamente agricola, ma è un principio a difesa della economia nazionale, di tanti posti di lavoro, delle nostre tradizioni e del nostro territorio. Un esempio chiaro per tutti: produrre pecorino in Romania con latte e lavoro rumeno e soldi dei cittadini italiani, per poi venderlo in Europa e nel mondo, con l’aggravante dell’italian sounding, in concorrenza con quello vero nazionale, non è infatti semplice delocalizzazione ma la forma più becera della delocalizzazione e l’attacco più violento al vero Made in Italy a spese dei contribuenti italiani”.
Fonte: Basilicatanet.it