"Pratesi, uniamo le nostre forze"
Caro Direttore,
le scrivo di ritorno dal mio viaggio in Cina dove, com’è noto, ho siglato per la mia azienda un importante accordo di joint venture con uno dei Gruppi tessili più importanti della Cina per la realizzazione di uno stabilimento (non rifinizione) a ciclo completo di preparazione, tintura e finissaggio di tessuti nella città di Anquing nella provincia di Anhui.
Non è questo però il motivo di questa mia lettera, bensì il fatto che forse questa modesta iniziativa possa servire a smuovere qualcosa nella nostra città e nel nostro distretto; siamo ammalati ma allo stesso tempo addormentati da un potente anestetico in un sonno che ci porterà alla fine se non faremo qualcosa. La soluzione non è solo quella di costruire stabilimenti all’estero ma in qualche modo trovare soluzioni brillanti che ci permettano di saltare di categoria; uscire dal problema e non solo “sedarlo” in un’assurda utopia di ripresa locale che non credo sia ipotizzabile.
E’ inutile sbandierare come soluzione a tutto la nostra cultura, le nostre tradizioni e continuare a pensare che, grazie al Made in Italy ci possiamo salvare; questo vale solo per i nostri grandi e affermati brand che hanno saputo valorizzarsi con investimenti e strategie a lungo termine che a Prato non abbiamo saputo o potuto fare.
Serve ripartire da questo ma per farlo occorrono azioni precise, coordinate e di lungo periodo e per questo mi auguro che le nostre istituzioni cittadine riescano, una volta per tutte a superare le note divisioni e puntare su pochi e significativi obbiettivi che potranno dare un futuro alle nostre tradizioni tessili. Servirebbe anche che fossero riviste le politiche italiane e mondiali, oggi troppo impegnate a sfornare decreti »salva Italia» e poco attenti a quelli più necessari di «cresci Italia»; fase questa che non è minimamente realizzata se non a parole da un governo troppo impegnato a tagliare che a rilanciare; a ristabilire il disavanzo pubblico senza rendersi conto che il sistema produttivo è al collasso.
Per non parlare della situazione mondiale: globalizzata; sempre più finanziaria e sempre meno umana; dove contano più i rating delle banche che la crescita delle imprese, dove il valore delle transazioni dei cosiddetti derivati è 11 volte il Pil mondiale! Che peso ha l’industria manifatturiera in un mondo così? Questi sono problemi lontani da Prato ma che purtroppo incidono sulle scelte della nostra vita quotidiana, come cittadini e,nel mio caso come imprenditore a capo di un’azienda che aiuta a campare 135 famiglie e che vuol continuare a farlo; non so per quanto ancora ci riusciremo se non facciamo qualcosa insieme. La soluzione a mio giudizio per Prato è proprio questa : Far gruppo, aggregarsi, stare vicini tra simili!
Mettiamo da parte per una volta le nostre cattive abitudini di essere arroccati nei propri feudi, vediamo quello che c’è di buono in ognuna delle nostre aziende e mettiamolo insieme, avendo la forza di rinunciare tutti a qualcosa. Se abbiamo tre tessiture facciamone una che lavora 24 ore al giorno invece di averne 3 in cassa integrazione; se abbiamo tre tintorie idem; se è necessario costruire uno stabilimento delocalizzato per produzioni di massa facciamolo ma insieme. E’ invece necessario unire le forze che ci possono far crescere quali ricerca, realizzazione di nuovi prodotti innovativi, penetrazione commerciale, marketing, e al contempo investiamo tutto il possibile nella formazione dei nostri ragazzi; diamo loro posizioni di rilievo in azienda e lasciamoci guidare; solo loro sono il nostro futuro.
di GIOVANNI SANTI, imprenditore pratese
Fonte: La Nazione