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2015-01-01

Le medie imprese italiane resistono alla crisi

“Proprio grazie alla loro peculiare struttura organizzativa e produttiva, le medie imprese si confermano la punta di diamante del made in Italy all’estero”.

Con queste parole il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello, ha presentato lo scorso 13 aprile a Milano i risultati relativi all’undicesima edizione dell’indagine annuale sulle medie imprese industriali italiane, condotta dal Centro Studi di Unioncamere e dall’Ufficio Studi di Mediobanca.

Le Medie imprese – prosegue Dardanello – rappresentano, anche in questo momento critico, un anello forte della catena organizzativa e produttiva dell’industria italiana. E, pur all’interno di continui percorsi di trasformazione, un nucleo importante mantiene costantemente bilanci in utile e strutture finanziarie solide”. In base alle previsioni formulate, inoltre, la redditività “nel 2012 dovrebbe addirittura aumentare per oltre 1 media impresa su 4”.

Le medie imprese sembrano, infatti, meglio di altre, resistere alla crisi attuale, malgrado persista, nelle percezione di ben il 72% di loro, un problema fondamentale di accesso al credito.

Andiamo però con ordine: oggetto dell’indagine Unioncamere-Mediobanca sono state, appunto, le imprese manifatturiere italiane di medie dimensioni, quelle, cioè, con un numero di dipendenti compreso tra i 50 e i 499 e con un volume di fatturato non inferiore a 15 e non superiore a 330 milioni di euro. In base all’ultimo censimento, esse rappresentano 3220 unità, si concentrano soprattutto nel Nord-Est, nel Centro e il Lombardia e assicurano il 15% circa della produzione manifatturiera italiana a valore (percentuale che sale al 21% considerando anche l’indotto). Le statistiche economico-finanziarie riportate nel rapporto sono il frutto della rielaborazione di dati desunti dai bilanci del periodo 2000-2009.

In questo arco temporale, il bilancio aggregato delle 3220 società considerate si è sempre risolto in utile, nonostante il risultato del 2009 sia stato il più basso, 1,1 punti in meno rispetto al massimo toccato nel 2007. Le esportazioni (nel periodo 2000-2009, con l’aggiunta della stima relativa al 2010) hanno registrato un incremento pari al 55%: nonostante il biennio 2008-2009 abbia conosciuto una decrescita del 18,6%, nel 2010 c’è stato un parziale recupero (+9,9%). La struttura finanziaria delle medie imprese appare solida, il 58,4% di esse merita un rating di tipo “investment grade”, anche se il ricorso alla borsa e al private equity risulta trascurabile (solo lo 0,5% delle società è quotato).

Nel 2009 sono ben 628 le imprese tornate alle piccole dimensioni, mentre 32 sono quelle divenute di grandi dimensioni (contro le 39 che da grandi sono tornate medie). Nell’intero decennio considerato, sono 620 le imprese che hanno oltrepassato la media dimensione, con un aumento parallelo del rischio di fallimento (0,8% il tasso di fallimento per loro, a fronte dello 0,3% delle imprese medie).

Nel decennio analizzato, le medie imprese mantengono il primato di crescita, segnando un incremento del valore aggiunto pari al 20% (contro il -1,8% registrato dalle grandi imprese). Aumenta anche il loro peso nella manifattura nazionale: i dati Istat più recenti (riferiti al 2009) suggeriscono che le medie realtà rappresentano il 14,4% del totale investimenti fissi annui e il 16% delle esportazioni. Nel 2010 le stime relative alle prestazioni di fatturato e margine industriale rimagono comunque al di sotto dei livelli precedenti la crisi.

Nel 2009, per le medie imprese italiane, il Return on Investments (ROI), cioè l’indice di redditività del capitale investito, è stato del 6,1%, contro il 4,5% dei gruppi maggiori. Il turnover del capitale risulta per questi ultimi inferiore di circa 13,5 punti rispetto alle medie aziende. La tassazione continua ad essere punitiva (si stima che l’esclusione del costo del lavoro dall’imponibile Irap produca una riduzione del tax rate di circa 6 punti, da 38% a 32%). Il 29% delle imprese prevede, per il 2012, un aumento della redditività rispetto al 2011.

Due terzi delle medie imprese hanno sede in aree a natura distrettuale: queste sono caratterizzate da una maggiore propensione all’export (che rappresenta il 45,7% del fatturato per le imprese ubicate in distretti veri e propri e il 31,9% per quelle in altri sistemi produttivi locali, contro il 31,5% per quelle localizzate in altre aree) e da una maggiore solidità finanziaria (il 59,6% delle medie imprese con sede nelle province distrettuali raggiungono il livello di “investment grade”, contro il 53,9% delle altre).

Veniamo ora alla congiuntura più recente. Secondo un’indagine svolta a marzo 2012 su un campione rappresentativo delle 3256 medie imprese industriali singole attive al 2009, il 38% di esse prevede, per l’anno in corso, un aumento del fatturato (contro il 50,2% a consuntivo nel 2011) ed il 32,6% un incremento della produzione (contro il 39,7% registrato lo scorso anno).

Fonte: I-dome.com

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