Navi e carbone trainano l'export italiano
L’AZIENDA modello che esporta il made in Italy oggi non appartiene al mondo della moda, né a quello alimentare. Nell’export italiano, da inizio anno il maggiore valore è realizzato dal settore dei macchinari (quindi aziende come l’Ansaldo) e nel mese-record di maggio è proprio l’industria pesante a trainare le vendite: energia, trasporti e metalli spingono la crescita tendenziale delle esportazioni del 14,1% verso i Paesi extra-Ue, con punte del 40% verso Usa, Paesi Opec (+37%) e Giappone (+21%). Così il coke e i prodotti petroliferi raffinati sono cresciuti del 21,6%, i mezzi di trasporto del 15,3%. Tra i saldi commerciali più rilevanti (circa 2 miliardi di euro) figurano i metalli di base e i prodotti in metallo, anche se materialmente i volumi sono molto bassi.
La situazione non cambia nel periodo gennaio-maggio 2012, dove i saldi commerciali più alti sono quelli relativi a macchinari e apparecchi nca (motori, pistoni, turbine per 18 miliardi di euro) di nuovo quelli relativi ai metalli di base e i prodotti in metallo, e ancora quelli legati ai mezzi di trasporto (esclusi gli autoveicoli) entrambe queste voci sui 5 miliardi di euro.
Chi ha venduto di più? In termini di valore, e non di volumi, il caso più eclatante è Fincantieri, che con la consegna della “Carnival Breeze” alla compagnia americana Carnival fa lievitare i valori dell’export alla voce “mezzi di trasporto (veicoli esclusi)”. Circa l’80% del contratto (circa 500 milioni di dollari) si paga infatti alla consegna della nave: durante la costruzione il cantiere fa da banca all’armatore, accollandosi le spese di realizzazione. Nel caso dei prodotti energetici, dall’Unione petrolifera invitano invece a non stappare bottiglie di champagne: i volumi dell’export sono alti, in particolare per quanto riguarda il gasolio (+20% nei primi tre mesi dell’anno), ma quello che viene esportato altro non è che una parte del prodotto raffinato e invenduto in Italia (22 milioni di tonnellate/anno). Inoltre, seppure si è registrato un incremento da maggio 2011 a maggio 2012, in generale i volumi stanno scendendo, con le raffinerie che producono al 70% della loro capacità.
Diversa la situazione del coke, che in effetti è entrato in alcuni mercati prima come la Turchia. Oggi in Italia c’è solo una cokeria che opera fuori dai cicli industriali integrati, quella di Cairo Montenotte, che però non vende in Usa. L’Istat tuttavia segnala una crescita anche in quell’area: non è escluso che questo avvenga perché le cokerie interne al ciclo dell’acciaio stanno vendendo partite di coke negli States, perché gli impianti siderurgici in Italia non stanno consumando quanto producono le loro cokerie interne.
Uguale discorso si può fare per i metalli non ferrosi, altro settore che fa la parte del leone nel campo dell’export italiano: le aziende per non morire vanno fuori dall’Italia e fuori dall’Europa, ma una grossa parte di quello che risulta come esportazione in realtà è trading, commercio di carta. Per esempio, un colosso dell’acciaio come Glencore produce lo zinco in Italia, la sua controllata italiana “vende” questo zinco alla società capogruppo in Svizzera, e da lì il prodotto viene commerciato nel resto del mondo. Proprio in questo settore, non va dimenticato che la Svizzera, è patria di trader russi e arabi, anche se i primi a stabilirsi a Lugano furono i genovesi negli anni Settanta.
FONTE: ILSECOLOXIX.IT