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2015-01-01

Nonostante tutto l'export rimane il motore dell'Italia

S i sta spegnendo lentamente anche la fiammella dell'export, l'unica rimasta accesa in questi mesi bui in cui la domanda interna è crollata sotto i colpi dell'austerità forzata. Sia chiaro: il commercio estero rimane il nostro motore più potente e dinamico, capace di generare nel primo semestre 2012 un surplus al netto dell'energia di 32,6 miliardi di euro. Tra i Paesi non solo europei ma dell'intero Occidente soltanto la Germania è capace di fare di più dell'Italia in termini di attivo con l'estero escludendo i prodotti energetici. Ma i dati di giugno diffusi ieri dal l'Istat indicano chiaramente che ormai anche l'export tricolore non tira più, a causa della sensibile frenata del commercio mondiale, la seconda in quattro anni, anche se meno traumatica e profonda di quella del 2009. In termini congiunturali il nostro export è diminuito dell'1,4 per cento in valore rispetto a maggio. L'Italia può fare ben poco di fronte al deterioramento dello scenario economico internazionale. Persino la potente macchina del l'export tedesco – nel mese di giugno – è arretrata del l'1,5 per cento in termini congiunturali (cioè un po' più di noi). La crisi colpisce tutti indistintamente. Chi guardasse soltanto ai dati congiunturali avrebbe l'impressione che l'export italiano extra Unione europea a giugno si sia inceppato, con un -2,8% su maggio, a fronte di un andamento più positivo, praticamente stazionario, del l'export verso i Paesi Ue (-0,1%). Ma analizzando le statistiche su base tendenziale la musica appare assai diversa. A giugno, infatti, il nostro export verso i Paesi extra Ue è aumentato ancora del 12,3 per cento rispetto allo stesso mese dello scorso anno (con incrementi particolarmente rilevanti verso Giappone, Stati Uniti, Paesi Opec e Turchia), mentre le vendite sul mercato interno dell'Unione europea hanno fatto registrare una crescita zero che la dice lunga sullo stato di depressione del l'economia del vecchio Continente, appesantita dalla crisi dei debiti sovrani e dalle recessioni che mordono non soltanto Grecia, Irlanda, Portogallo, Spagna ed Italia ma la stessa Gran Bretagna, con anche la Germania, la Francia e l'Olanda al palo. Ancor più eloquenti sono i dati cumulati gennaio-giugno 2012. Nei primi sei mesi di quest'anno il nostro export è aumentato del 9,9 per cento in valore verso i mercati extra Ue mentre è risultato fermo verso l'Ue (0%). Una lettura più accurata degli stessi dati dell'export extra Ue non manca poi di suscitare ulteriori preoccupazioni, dovute al fatto che le nostre esportazioni di alcuni beni tipicamente quotati in dollari come i prodotti petroliferi raffinati e l'oro hanno visto "gonfiarsi" i corrispondenti introiti in euro, a causa del forte deprezzamento della moneta unica. Un fatto puramente valutario. Sicché non rallegra constatare che le vendite di coke e prodotti petroliferi raffinati e metalli verso gli Stati Uniti, oltre che di metalli verso la Svizzera e i Paesi Opec, pesano da sole per un quarto sulla crescita tendenziale del nostro export complessivo verso il mondo a giugno.

FONTE: ILSOLE24ORE.COM

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