Una banca dati per l'olio di oliva Made in Italy
Ricerca e sviluppo per la rintracciabilità dell’olio d’oliva, due i metodi possibili: uno chimico e uno, successivo, biomolecolare. Così si potrebbero combattere le contraffazioni. Per completare la fase di sperimentazione servono 900mila euro.
Contro la contraffazione e in una logica di etichettatura trasparente viene proposta la banca dati per l’olio italiano. Un progetto pensato dal Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura (CRA), ente vigilato dal ministero delle Politiche Agricole, alimentari e forestali, che si basa su approcci complementari, sia di natura chimica che – in una fase successiva – biomolecolare.
Il progetto, che dovrebbe coinvolgerebbe il CRA ed altre istituzioni scientifiche con competenze specifiche, avrebbe una durata triennale, ed avrebbe l’obiettivo di validare
i modelli oggi disponibili, con un costo di circa 900mila euro. Fondi, tuttavia, che non sono ancora stati stanziati.
L’obiettivo, come illustra Enzo Perri, direttore del Centro di ricerca per l’olivicoltura e l’industria olearia (CRA-Oli), all’Ufficio stampa di Sol&Agrifood, la Rassegna internazionale dell’agroalimentare di qualità in programma dal 7 al 10 aprile a Veronafiere, «è appunto quello di creare una banca dati dell’olio italiano, attraverso lo sviluppo di modelli statistico-matematici, in grado di classificare varietà, areali, produzioni, cultivar, utilizzando i dati relativi al rapporto isotopico del Carbonio, alle sostanze volatili, agli acidi grassi, ai metalli in tracce e ai dati NMR».
Una volta mappato l’olio italiano sarebbe molto più facile individuare le provenienze di oli esteri, anche se miscelati. «Con la validazione del metodo e dei modelli – afferma Perri – gli stessi Nas e l’ICQRF (Istituto controllo qualità e repressione frodi) potrebbero impiegarli nei servizi antifrode.
Ma prima la metodologia andrà testata» e per questo servono tre anni di tempo. Un’altra strada indicata dal CRA è l’approccio molecolare, attraverso i marcatori genetici presenti nell’olio: «Una procedura molto più complessa, non ancora riproducibile – dichiara Perri – anche perché andranno individuati i marcatori cultivar specifici». Un approccio estremamente complesso, «anche perché gli oli si ottengono da olive ottenute da libera impollinazione e i frammenti di Dna a volte sono davvero esigui». Eppure, in un’ottica di tracciabilità trasparente e completa, la strada corretta sembra essere quella indicata dal direttore del CRA-Oli. Il Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura può contare su una struttura di 15 centri e 32 unità di ricerca; i progetti in corso sono attualmente oltre 430.
[ fonte: italyfood24.it ]