Crescita ed eccellenza in Italia sono punite, imprese sane a rischio estinzione
I due trimestri di Pil negativi, con un calo dello 0,2% nel terzo trimestre, e un terribile ribasso dello 0,7% nel quarto, oltre ad una riduzione dello 0,5% rispetto all’ultimo trimestre del 2010, hanno decretato l’entrata dell’Italia in quel che gli economisti definiscono “recessione tecnica”.
E così, molte imprese sono nuovamente in serie difficoltà e la nostra capacità produttiva inutilizzata è evidentissima. Dall’inizio del 2012 quindi, questa recessione, aspra, rischia di attorcigliarsi a causa soprattutto di un’ economia monetaria e di un’economia reale, dove la prima causa resta sempre la stretta del credito.
Le banche a causa delle difficoltà derivanti dalle perdite sul debito pubblico, che avevano in portafoglio, hanno chiuso i rubinetti del credito. Oltre a quello si aggiunge anche il fatto che le stesse banche o sono mal gestite, oppure non abbastanza capitalizzate. Inoltre, altra questione cruciale, lo Stato e gli enti locali hanno dilazionato i loro crediti.
Anche la Bce, la Banca centrale europea, ci ha messo del suo, applicando una politica restrittiva poiché temeva una possibile inflazione, mentre i pericoli in realtà erano opposti. Tutto questo ha inesorabilmente aggravato la situazione. Nemmeno la mossa di Mario Draghi messa in campo a dicembre ha sortito grandi effetti.Draghi ha si offerto alle banche, al tasso di interesse dell’ 1%, prestiti a tre anni in cambio di garanzie consistenti in crediti di vario genere agli Stati e alla clientela bancaria, migliorando così la collocazione del debito pubblico nelle banche, tuttavia, sino ad oggi, la situazione del credito bancario alle imprese è rimasta a comparto stagno: ottenere credito per le nostre imprese, che si trovano a fronteggiare una situazione più che difficile, è veramente arduo.
Non bastasse l’acceso al credito, quasi impossibile, le nostre imprese devono anche sopportare un fisco pesantissimo, servizi pubblici poco efficienti, e burocrazie al limite del paradosso. Ad oggi, le imprese italiane non si trovano in una situazione di difficoltà, ma bensì di vera e propria tragedia, perché la mancanza di credito sta pian piano uccidendole, infischiandosene che siano o meno volano dell’economia italiana, efficienti, con ottimi prodotti e ottimi clienti che pagano. Il sistema del credito italiano sta inesorabilmente spazzando via imprese che da sempre sono state il cardine economico, quelle che, attualmente, dovrebbero trainare la ripresa perché hanno un comparto commerciale eccellente, in grado di vendere nei Paesi in cui vi è la domanda di prodotti italiani sempre maggiore. Imprese sane che rappresentano il futuro del Made in Italy, che dovrebbero emergere ma che in realtà vengono affossate dal nostro sistema, quelle stesse realtà che dovrebbero fiorire scalzando tutte quelle strutture produttive italiane che oramai non sono più competitive. L’Italia è tra i Paesi messi peggio, addirittura dietro la Spagna, la cui economia non è certo migliore della nostra; eppure in Spagna l’acceso al credito è piu’ semplice e si avvicina molto a quello in essere in Germania, anche se il sistema credito migliore resta sempre quello francese, nonostante le diverse sventure della stessa in fatto di rating sovrano e competitività ben inferiore a quella tedesca.
Ciò significa significa una sola cosa, ovvero che l’universo della regolazione nazionale del credito non è affatto omogeneo in Europa, infatti, per concedere un mutuo immobiliare, in Italia, la banca deve possedere più capitale proprio rispetto alla banca francese. Forse il Governo tecnico potrebbe proprio cominciare ad agire in questo campo, ai più sconosciuto, ma di primaria importanza per la crescita e sviluppo, ma anche di vitale importanza affinché le imprese sane e buone non corrano il rischio di estinguersi. La questione da affrontare dunque, è e resta di diretta competenza del ministro dello Sviluppo economico, grande esperto in questo campo, che speriamo possa mettere sul piatto nuovi strumenti di finanziamento alle imprese più virtuose, quelle stesse imprese che risultano essere tangibili e credibili per la nostra crescita.
Fonte: Corriereinformazione.it