L'industria pellettiera cresce, mancano tecnici specializzati
Il settore pellettiero italiano cresce e continua a creare lavoro e occupazione ma mancano i tecnici specializzati. Troppo poche le nuove leve, nonostante aumentino i giovani in cerca di lavoro.
Non esiste insomma, la seconda generazione nel settore della conceria, a dirlo sono i produttori di pelletteria italiani.
E’ uno sguardo preoccupato al futuro perché rivela una sempre crescente mancanza di tecnici specializzati nei diversi processi della filiera della pelle, mettendo a serio rischio la capacità produttiva di domani. Un tema attuale, soprattutto per gli imprenditori della zona di Firenze, primo territorio di produzione nazionale del settore pellettiero. “Nel 2011 la produzione in valore si è attestata sui 4 miliardi e 550 milioni di euro – dice Giorgio Cannara, presidente Aimpes-Mipel - con un aumento di circa il 20% rispetto all’anno precedente. Le esportazioni fanno registrare 3 miliardi e 841 milioni (+30% sul 2010) a fronte di un import di circa 1 miliardo e 850 milioni di euro (+12% sul 2010).
“Le previsioni di crescita delle produzioni di pelletteria nei prossimi 3–5 anni, dicono che ci sarà un aumento della produttività intorno al 20-30% - commenta Andrea Calistri della Sapaf di Scandicci e fondatore dell’Alta Scuola di Pelletteria -. Questo significa che il comparto avrà necessità di formare almeno due, tre mila nuovi addetti che possano occupare posti specialistici della filiera della pelle”. Proprio a Scandicci è attiva, da circa 10 anni, l’Alta scuola di pelletteria italiana che prevede corsi di formazione di periodo variabile, dai due mesi fino ai due anni. “La scuola prepara, ogni anno, circa 100 nuovi addetti specializzati nelle varie discipline – continua Calistri – ancora troppo pochi per la richiesta in crescita”.
Le principali figure ricercate sono tre: il modellista, il prototipista e il tagliatore di pelli pregiate. I primi due si occupano di approntare il primo esemplare della borsa disegnata dallo stilista. Questo passaggio è estremamente importante perché, realizzando il prototipo, è possibile valutare tempistica e modalità da applicare alla produzione, parametri che definiscono, il prezzo dell’articolo e il suo posizionamento nella fascia di mercato. Anche il tagliatore esperto fa un mestiere delicato perché, soprattutto a contatto con pellami particolarmente pregiati come per esempio il coccodrillo, non deve sprecare nemmeno un centimetro di materiale.
“Sarebbe importante che i giovani capissero – puntualizza Calistri – che lavorare nel settore della pelle è una vera e propria opportunità, non soltanto di occupazione ma anche di carriera. Un tecnico esperto può arrivare a guadagnare anche 2.500 euro al mese con una tendenza in crescita”.
I dati economici relativi al comparto della pelle rivelano una netta tendenza all’export, mentre i mercati interni sono ancora un po’ in sofferenza. “Il vero problema – spiega Piero Peroni, presidente di Cna Federmoda Firenze – è culturale. In Italia non viene riconosciuta la qualità artigiana delle produzioni. Questo ha cresciuto una generazione che punta alle grandi firme. La giovane donna di oggi preferisce la borsa griffata anche se falsa, piuttosto che il prodotto artigiano sconosciuto ma di buona qualità. Se noi italiani fossimo in grado di dare il giusto valore alle produzioni made in Italy, come avviene in Cina e Giappone che sono mercati in espansione non solo per le grandi aziende ma anche per le piccole produzioni artigiane, il nostro mercato interno soffrirebbe meno”.
Fonte: Il Giornale.it