Il design è dialogo
Lo stile? Resta la cifra distintiva dei propri progetti, purché prevalga la sostanza. Minimalismo a 360 gradi oppure linee morbide e sinuose? Che si opti per la pura decorazione piuttosto che si punti sulla sobrietà essenziale, l’importante è evitare le mere esercitazioni formali, autoreferenziali e fini a se stesse.
La crisi? Una realtà sotto gli occhi di tutti, specie per quanto riguarda i tagli, da parte delle aziende, ai budget destinati alla ricerca e all’innovazione. Ma forse, in buona sostanza, un contesto non così negativo per il settore, visto che ha implicato anche un’azione di pulizia e di ricambio, favorendo le realtà più strutturate e competitive, in grado di stare al passo con le nuove sfide della contemporaneità. Quali? In primis, il continuo confronto con gli altri Paesi, abbracciando l’internazionalizzazione di progetti che sempre di più possono vantare committenti stranieri, senza sottovalutare l’importanza crescente di mercati emergenti (Turchia, India, Brasile su tutti) che stimolano a ripensare il concetto di made in Italy. Una carta ancora vincente, quest’ultima, a patto che non ci si basi solo sulla tradizione consolidata, ma si sia in grado di rinnovarsi continuamente. Per esempio, ampliando il raggio d’azione della propria creatività anche ad altri comparti diversi dal classico home design, come le nuove tecnologie o l’elettronica di consumo, per non parlare dell’influenza della moda nei tessuti e nelle materie preziose.
Abbandonate da un pezzo le torri d’avorio dei propri studi, oggi i designer sono calati pienamente nel mondo attuale, come veri e propri progettisti per l’industria. E, in quanto tali, sono alla ricerca di costanti interazioni: da un lato con le aziende e le loro esigenze di vendita, dall’altro con i clienti finali, per proporre loro creazioni di lusso, esclusive nell’estetica e nei materiali, ma quanto più performanti nella pratica quotidiana.
Fonte: BusinessPeople.it