Dalle Marche il manifesto per salvare le imprese
Alle parti sociali chiede di congelare per 12 mesi gli aumenti contrattuali. Al Governo di ridurre di 5 punti il cuneo fiscale, riconoscendone tre ai lavoratori e due alle imprese. A Stato e Regioni di avviare un piano integrato, semplice ma efficace, di politica industriale. Sono le tre proposte che Confindustria Marche lancia oggi in un manifesto che è un grido d'allarme. Proprio nel giorno in cui si festeggiano i lavoratori, gli industriali marchigiani alzano la voce,«per salvare l'occupazione e mantenere in vita le imprese», recita il manifesto intitolato "Non distruggiamo il nostro futuro".
Un appello condiviso dal sistema confindustriale regionale (3.200 imprese per oltre 120mila addetti) e controfirmato dai presidenti delle cinque associazioni territoriali. «La base associativa non ne può più – spiega il numero uno degli industriali marchigiani, Paolo Andreani –. Bisogna iniziare a far sentire la propria voce a livello nazionale e confidiamo che lo facciano tutte le altre associazioni imprenditoriali del Paese. A fronte di un 30% di aziende che lavora all'estero e tiene testa alla crisi, il restante 70% soffre ed è a serio rischio chiusura».
Le accuse sono note: uno Stato che drena il 52% del Pil; una spesa pubblica di 800 miliardi; partiti che costano 200 milioni l'anno; una pressione fiscale oltre il 45%; un cuneo fiscale record al 39%; un sistema tributario che penalizza i virtuosi; burocrazia preistorica sommata a giustizia amministrativa biblica e a un sistema del credito assente. «Non possiamo competere con regole simili a quelle dei nostri concorrenti esteri» ribadisce il presidente.
Nell'elenco di richieste al Paese c'è l'istanza di inserire nell'articolo 1 della Costituzione impresa e libera iniziativa come elementi fondanti, al pari del diritto al lavoro, ma ci sono soprattutto misure concrete: l'esigenza di tagliare già da quest'anno il 5% della spesa pubblica, senza aspettare la spending review; l'avvio di meccanismi premiali per imprese e cittadini fiscalmente virtuosi; l'urgenza che la Pa paghi subito i debiti verso i privati; far emergere il nero abbassando a 500 euro la soglia dei pagamenti con moneta elettronica; l'eliminazione del Patto di stabilità per gli enti locali virtuosi, vincolando le risorse così liberate alle infrastrutture; la liberalizzazione completa dei servizi pubblici locali; la necessità di attrarre investimenti.
La condivisione delle richieste è unanime. Per Gennaro Pieralisi, ad del gruppo jesino Pieralisi, leader mondiale nelle macchine olearie «l'avvitamento tra recessione e paura indotta riduce consumi e ricchezza. Il timore è che tutto finisca come l'articolo 18, in una mezza bolla di sapone. Noi oggi abbiamo lo stesso numero di contratti atipici della Germania, ma qui sono concentrati solo sui giovani. È questo il vero allarme sociale dell'Italia, la flessibilità tutta scaricata su chi fa il suo ingresso nel mercato del lavoro, tanto più ora, con l'allungamento dell'età pensionabile. Così si tarpano le ali alle nuove generazioni e quindi al futuro dell'Italia». «Non possiamo più aspettare i tempi della politica - gli fa eco Adolfo Guzzini, l'industriale maceratese assurto con iGuzzini a simbolo del design made in Italy applicato all'illuminazione – serve un segnale immediato, come il taglio delle province. Nulla va lasciato intentato, pur di evitare l'aumento dell'Iva. Scendono fatturati e redditività, le famiglie non spendono e gli speculatori attaccano il debito sovrano. Questo manifesto è un atto di responsabilità sociale verso il nostro Paese».
Fonte: Il Sole 24 Ore