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2015-01-01

Mercati tradizionali trincea dell'export

La meccanica regina dell'export anche in tempo di crisi. Anche se in vetrina c'è il Made in Italy classico, la moda, il buon cibo, sono ancora in macchinari a fare la parte del leone malgrado la congiuntura sfavorevole. E tengono anche sui mercati tradizionali: la Germania, la Francia, il Regno Unito, insomma i Paesi Ue e anche gli Stati Uniti.

Che restano i nostri primi mercati di riferimento, da non dimenticare anche quando cresce il peso degli emergenti.
Questo ed altro ci racconta l'«Atlante del made in Italy - Le rotte dell'export italiano prima e durante la crisi», il rapporto che Assocamerestero presenta oggi a Perugia durante la ventunesima Convention mondiale delle Camere di commercio italiane all'estero con l'intervento, previsto oggi pomeriggio, del ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera.
L'Atlante del Made in Italy prende in esame due periodi, il 2006-2008 e il 2009-2011, cioè il triennio prima della crisi e il triennio dell'ultima crisi, tuttora in corso. E considera 13 Paesi di destinazione, più la Ue a 27, un'area di Paesi extra Ue anch'essa a 27, oltre che il totale mondo, e analizza come si comportano in questi mercati i settori manifatturieri dell'export nazionale. Tre i parametri presi a riferimento: innanzitutto il dinamismo, che misura la variazione dell'export di ciascun settore tra un triennio e l'altro. Poi l'importanza del settore nell'export manifatturiero di un Paese, praticamente la quota percentuale di ciascun settore sull'export totale nell'area o nel Paese di riferimento. Infine la specializzazione, con un numero indice che per ogni Paese o area confronta il contributo di ciascun settore e lo confronta con l'analogo dato calcolato sul totale mondo.

 Tra i settori più dinamici c'è quello dei metalli e prodotti in metallo, che cresce a ritmo sostenuto sia a livello mondiale (22,4%) che in Europa (20,4%) e nei Paesi extra Ue (23,6%), soprattutto per il fatto che questi prodotti sono usati sia in edilizia che nella costruzione di impianti. Perde invece terreno in termini di dinamismo, cioè di ritmo di crescita, l'agroalimentare, probabilmente per la recrudescenza di barriere protezionistiche non tariffarie, tipo quelle fitosanitarie, da parte di molti Stati extraeuropei. Prima era il settore che cresceva di più fuori dall'Europa (col 9,6%): «In questo campo scontiamo, sui mercati extraeuropei, l'euro forte – spiega Gaetano Fausto Esposito, segretario generale di Assocamerestero – che ci spiazza sui mercati locali, i quali stanno sviluppando prodotti di buona qualità. Si pensi per esempio ai vini argentini».

Guardando invece al peso dei settori sui vari mercati, è molto evidente come la crisi non abbia intaccato il ruolo della meccanica, che rappresenta oltre un quarto delle vendite di prodotti italiani all'interno dell'Unione europea, mentre la media mondiale è del 20 per cento. Determinante la meccanica anche verso i partner extra europei: le quote export spaziano dal 19,3% della Russia al 48,7% della Cina. Macchinari e apparecchi meccanici, fatto 100 il totale dell'export manifatturiero fuori dall'Unione, ne rappresenta il 25 per cento.

«La Meccanica è ancora la nostra punta di diamante -conferma Esposito – anche facendo un confronto con il periodo pre-crisi. E questo è dovuto alla qualità di nostri macchinari. Un punto invece di cambiamento (positivo) rispetto al triennio precedente è che nei Brics sembra esserci un maggiore apprezzamento per i settori che comportano innovazione e tecnologia diciamo esplicita (quella implicita c'è in molti comparti, come per esempio il mobile): cioè l'elettronica o la "meccatronica", che confina sempre di più con la meccanica».
Esaminando i vari Paesi, troviamo che in Giappone il Sistema moda rappresenta la voce principale (30%), mentre in Turchia, grazie al boom edilizio, a far da traino è la metallurgia (col 23,3%). Quanto al criterio che misura il grado di specializzazione dei settori, in termini di incidenza total dell'export rispetto all'analogo valore medio mondiale, di nuovo ecco che l'export di macchinari risulta strategico verso i Paesi della Ue a 27, con un indice pari a 132,27. L'incidenza della meccanica è forte comunque anche al di fuori dell'Unione, in Paesi come Brasile, India o Cina.

«Non dobbiamo mai dimenticare – commenta Esposito – che è l'Europa il nostro mercato principale di riferimento. In Svizzera, per esempio, considerata extra Ue, esportiamo il doppio dei manufatti che in Cina. Dunque va benissimo guardare i grandi mercati emergenti o già emersi, ma occorre presidiare anche i mercati tradizionali».

FONTE: ILSOLE24ORE.COM

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