Macchine e robot, il Made in Italy che cresce
Chissà che effetto farà ai tedeschi entrare negli stabilimenti di Volkswagen e vedere che di frequente le macchine utensili adoperate per lavorare motori e carrozzerie sono Made in Italy. Ma succede pure questo: succede che mentre in Italia galoppa la de-industrializzazione, ci sono tante e tante imprese che in questi anni di tragica crisi hanno trovato nuova fortuna per le vie del mondo. Secondo le statistiche di Ucimu infatti, che raggruppa in Confindustria i produttori di macchine utensili, automazione e robotica, i valori della produzione sono saliti dai 4,1 miliardi del 2009 ai 4,93 miliardi dello scorso anno. Nel medesimo periodo, le esportazioni sono lievitate da 2,5 a 3,65 miliardi e l’incidenza dell’export ha raggiunto il 75% sul totale delle vendite. Numeri che contengono un vaticinio, una sorta di profezia non da malati dell’oroscopo: chi investe in macchine utensili formula un’opzione sul futuro, poiché assume un costo importante i cui benefici emergeranno solo nel tempo.
I dati di Ucimu, dunque, contengono un indicatore congiunturale e insieme psicologico dei committenti, oltre che ovviamente la capacità imprenditoriale espressa dalle aziende del settore. «Siamo orgogliosi di essere italiani e di poter dire che all’estero siamo rispettati non solo per moda, pasta e Ferrari. Lottiamo contro i nostri concorrenti e principalmente contro i tedeschi come fossimo a Stalingrado, anche in una annata come questa che riscontra un rallentamento generale financo in Cina. Ma nonostante tutto siamo convinti di farcela», commenta Luigi Galdabini, 55 anni, che di Ucimu è presidente.
Innovazione e internazionalizzazione. Sono le due parolechiave che ricorrono nelle esperienze degli imprenditori e dei report di settore, a spiegare le algide statistiche. Potremmo forse dire che i produttori di macchine utensili sono dentro a un flusso che pretende innovazione. Se il prodotto è storicamente di ottima tecnologia, pur tuttavia necessita di essere rinnovato continuamente. E in questo senso, uno stimolo costante viene dai fornitori di pc, sensori, motori, software, parti meccaniche. La componentistica evolve e spinge all’evoluzione chi progetta e costruisce la macchina completa. Ma la spinta principale e essenziale sta nella attitudine di ascolto, in qualche modo sartoriale e artigianale, che il produttore di macchine utensili e robot ha nei riguardi del cliente. Il cliente esprime una esigenza, che ha a che fare con la sua specifica attività.
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Oggi le macchine sono quasi allineate per fatturato al pre-crisi, la componentistica sta a +30%. E siccome il rapporto tra margine operativo lordo e ricavi è al 18%, non sorprende che un partner finanziario come Aksia (un private equity milanese che dispone anche di un fondo di investimento e di una sgr) abbia rilevato una quota nell’ambito di un passaggio generazionale. «La voglia di combattere non è venuta meno - dice Fabrizio Rosa, amministratore delegato di Rosa Sistemi - Ma al governo chiediamo che faccia ripartire gli investimenti e la voglia di fare agli imprenditori, che sono in gran parte demoralizzati. Penso in particolare alla leva fiscale, a ammortamenti ridotti o una fiscalità del leasing meno punitiva, alla riduzione dell’Irap ». A proposito di governo, Galdabini esprime una conclusione amara: «Avremmo voluto un governo, quale che fosse. Nessuno voleva questa situazione di paralisi. E a tutte le parti chiediamo di essere responsabili e di pensare che siamo un grande paese, non un cortile».
[repubblica.it]