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2018-04-10

La Transumanza > Progetto di Italia, Grecia e Austria per promuovere l’antica tradizione dei pastori

Nella costiera amalfitana c’è una famiglia che ogni inverno ripete l’antico rito. Giovanni, Franchina e i loro figli vivono grazie al latte di un piccolo gregge di 200 pecore. Quando il clima si fa troppo rigido, giusto all’inizio dell’inverno, sono costretti a lasciare la zona di Agerola e portare gli animali fino ad Erchie. E d’estate fanno il viaggio al contrario. Tra Puglia e Molise, la famiglia Colantuono custodisce la tradizione della transumanza come se fosse una ricca eredità tramandata da generazioni. Dal 1800, per spostare i 300 bovini dalla stalla di Frosolone, si mettono in marcia per quattro giorni, attraversando le sterminate strade verdi tra Puglia, Abruzzo e Molise. Sugli stessi sentieri che Gabriele D’annunzio cantò sui versi dedicati proprio alla tradizione della transumanza.

 

Secoli di viaggi che i pastori italiani hanno compiuto per spostare le bestie in zone meno calde e spesso meno fredde, lontano dai campi rinsecchiti dal sole per arrivare dove l’erba è davvero più verde. È la storia di una delle attività economiche più antiche, ma è anche un pezzo della cultura italiana. Che accomuna più regioni: dall’Abruzzo all’Alto Adige, dal Lazio al Piemonte. Fino alla Sicilia e alla Lombardia. Per questo, il Ministero delle Politiche agricole ha candidato l’antica consuetudine della transumanza per avere l’ambito riconoscimento dell’Unesco, quello di “patrimonio immateriale dell’umanità”, già assegnato ad altre otto importanti tradizioni italiane. Il dossier che arriverà a Parigi e che dovrà affrontare il solito lungo iter è frutto di un lavoro che ha unito l’Italia con la Grecia e l’Austria, altre due nazioni che custodiscono gelosamente questa tradizione di campagna. Fatta di avventure, stazioni di sosta e interminabili periodi di vita lontano da casa.

 

 

Nelle nostre regioni l’allevamento continua a essere un’attività importante e non solo in termini economici. Un po’ è lavoro e un po’ è cultura. «Questa candidatura rende onore al settore agricolo - ha detto il vice ministro alle Politiche Agricole, Andrea Olivero - ma allo stesso tempo valorizza una pratica che rinnova il profondo legame tra uomo, prodotto e paesaggio». D’accordo, di certo, sono i pastori, che hanno ispirato l’iniziativa del Ministero. Anche con l’obiettivo di non disperdere una parte della cultura agricola, minacciata da allevamenti al chiuso, intensivi, affollati e sempre più tecnologici. Il pascolo brado diventa sempre più raro e la faticosa transumanza rischia di trasformarsi in una festa a favore di turista. Ma tra le nuove generazioni c’è già qualcuno che ha deciso di riscoprire il lavoro che facevano i suo nonni. Uno di loro è Mariano Manca, un giovane allevatore di 30 anni che in Sardegna ogni anno sposta la sua mandria dalle colline del Montiferru fino ai pascoli più fertili del Sinis. «Per noi è una grande fatica, ma così le nostre vacche vivono meglio e più a lungo».

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