In Nord Africa usano il grano siciliano senza glifosato. E noi mangiamo quello che arriva con le navi!
Chiacchierando con un agricoltore di Ramacca che produce grano duro sull’attuale annata (pessima), accertiamo che i governi dei Paesi del Nord Africa importano il grano duro siciliano. Ma prima di farlo arrivare nei propri Paesi mandano gli ispettori nei porti siciliani per controllare la salubrità del grano. Noi, in Sicilia, facciamo arrivare tutte le navi del mondo e ci mangiamo il grano senza alcun controllo preventivo!
Nel Nord Africa mangiano il grano duro siciliano e quello pugliese. Non solo. Prima di farlo arrivare lì da loro lo vengono a controllare qui, mandando in Sicilia i propri ispettori. Nei porti della nostra Isola arriva invece il grano duro da chissà dove e nessuno lo controlla: e ce lo fanno mangiare!
Una cosa del genere l’avevamo intuita nell’ottobre dello scorso anno, quando abbiamo scritto un articolo in cui raccontavamo che in Nord Africa, per preparare il cus cus non vogliono il grano duro al glifosato e, di conseguenza, mangiano solo il grano duro siciliano e pugliese che matura al sole, naturalmente, senza uso di glifosato.
Ora quello che immaginavamo ci viene raccontato, per filo e per segno, da Carmelo Allegra, produttore di grano duro a Ramacca, in provincia di Catania. Abbiamo scambiato con lui quattro chiacchiere su come sta andando l’annata del grano duro in Sicilia.
Così abbiamo appreso che è una brutta annata, quella che è iniziata in questi giorni. Basse produzioni a causa della siccità (ha torto il professore Silvano Riggio quando dice che la Sicilia è ormai entrata nella bolla sahariana?) e prezzi bassi. In economia sarebbe una contraddizione: perché al diminuire dell’offerta, si sa, il prezzo dovrebbe schizzare all’insù. Non è così nella nostra Isola e, in generale, nel Sud, dove l’offerta di grano duro non manca mai, visto che siamo letteralmente sommersi dalle navi cariche di grano duro.
Non solo. Anche se, in certi momenti dell’anno, l’offerta di grano estero si assottiglia e cresce la domanda di grano duro del Sud Italia, il prezzo si mantiene lo stesso basso per via degli ‘ammuini’ sul volume degli scambi.
Insomma, gli agricoltori che producono grano duro nel Sud e, in particolare, in Sicilia di problemi ne hanno tanti. A cominciare dal più grave di tutti: l’assenza pressoché totale della politica.
Per i produttori di grano duro della nostra Isola l’assessorato all’Agricoltura non esiste e, quando si materializza, produce danni: basti pensare ai contributi per il cosiddetto ‘biologico’ (leggere colture biologiche), con i pagamenti del bando 2015 ancora bloccati!
Ma andiamo al grano duro di quest’anno. In Sicilia la stagione del grano è lunga e varia, temporalmente, a seconda delle zone (e anche del tipo di grano che si semina). Si comincia a fine maggio-primi di giugno nelle aree meridionali, da Gela fino ad alcune aree del Catanese. Si prosegue tutto giugno e luglio. Nelle aree di montagna il grano duro di raccoglie ad agosto e – per esempio sulle Madonie – anche nei primi di settembre.
Ma quest’anno – così ci dicono – tira aria brutta: come già accennato, basse produzioni un po’ ovunque.
“Quest’anno – ci dice Allegra – le cose non vanno affatto bene. La siccità ha decimato le produzioni. In certe aree non si va oltre i 10 quintali di grano duro per ettaro. Basse produzioni e prezzi bassi: da 17 a 19 euro a quintale. Credeteci: a questi prezzi non prendiamo neanche le spese”.
Allegra coltiva il grano duro in biologico, ma non ha scelto le varietà antiche.
“Per carità – ci dice – grande rispetto per le varietà antiche di grano duro -. Il problema è che, quando se ne producono grandi quantità, si rischia di non sapere a chi venderle”.
Tornando ai prezzi bassi del grano duro siciliano, Allegra ha una sua teoria:
“E’ sbagliato intraprendere una guerra contro le navi che importano grano duro in Sicilia e nel Sud Italia – ci dice -. Questo ci danneggerebbe perché il grano duro siciliano viene esportato nel Nord Africa. La battaglia, semmai, va fatta sui controlli. E su questo fronte noi siamo deboli”.
A questo punto Allegra ci racconta una storia che ci lascia basiti.
“Voi non avete idea – ci dice – che attenzione i governanti dei Paesi del Nord Africa pongono nel controllare le partite di grano duro siciliano che acquistano da noi. Non controllano le navi quando arrivano nei loro porti, ma vengono qui in Sicilia a controllare il prodotto prima della partenza. Insomma, quando acquistano una partita di grano duro siciliano mandano qui, nella nostra Isola, i propri ispettori per visionare il prodotto. Controllano le navi che trasportano il grano e anche i luoghi”.
Abbiamo già raccontato, nell’ottobre dello scorso anno, che nel Nord Africa, il cus cus si prepara esclusivamente con grano duro siciliano o pugliese. Ma non immaginavamo che ponessero tanta cura nel controllare il grano che arriva sulle loro tavole sotto forma di cus cus.
A conti fatti, come il presidente della Regione, Nello Musumeci, e l’assessore all’Agricoltura, Edy Bandiera, che hanno annunciato controlli su tutte le derrate alimentari che arrivano in Sicilia, hanno controllato e bloccato una nave e poi, come si usa dire dalle nostre parti, cu si vitti si vitti…
“Quello che avviene in Sicilia è sbagliato – taglia corto Allegra -: arrivano le navi che nessun ispettore siciliano ha controllato nei luoghi di partenza, come pretendono i governanti dei Paesi del Nord Africa, e queste navi scaricano il grano che nessuno controlla!”.
“Solo qualche mese fa l’attuale assessore regionale ha messo sotto controllo una nave carica di grano duro arrivata dal Kazakistan – aggiunge il nostro agricoltore che racconta una vicenda che noi abbiamo seguito con attenzione -. Sono stati effettuati i controlli sul grano, che è risultato contaminato, e la nave è stata mandata indietro. Poi non abbiamo visto più nulla”.
Allegra ricorda anche il caso di una nave carica di grano estero arrivata in Sicilia con problemi legati alla presenza di un particolare pesticida in polvere. “Ma anche allora – ricorda – si rivolsero ai giudici amministrativi che dissero che i problemi potevano essere superati ventilando il grano…”.
Apprendiamo, così, che i governanti dei Paesi del Nord Africa, per ciò che riguarda la tutela della salute dei propri cittadini, sono molto più efficienti e molto più determinati dei nostri governanti, con riferimento, ad esempio, alla Sicilia e alla Puglia.
E apprendiamo anche un paradosso: noi siciliani mangiamo il grano duro che arriva con le navi, sbarcato senza alcun controllo: grano che potrebbe contenere contaminanti, a cominciare dal glifosato; mentre nel Nord Africa mangiano il nostro grano duro.
Non c’è qualcosa che non torna?
“Ci sono altri problemi legati all’amministrazione pubblica – conclude il nostro produttore di grano duro -. Sono il titolare di una delle 4 mila aziende agricole biologiche della Sicilia vittima del blocco dei fondi relativi al bando del 2015. Una storia assurda”.
Ma l’ex assessore regionale all’Agricoltura, Antonello Cracolici, non ha detto che la vicenda era stata risolta? “Ma che risolta – ci dice Allegra -. Semmai si è aggravata. L’inghippo l’hanno combinato i burocrati della Regione. E le conseguenze le stiamo pagando noi agricoltori. Non voglio credere a quello che si dice in giro: ma in giro si dice che, per come si sono messe le cose, ‘sti soldi noi non li prenderemo più. Avete idea del danno che hanno prodotto a noi agricoltori?”.
Della chiacchierata con Carmelo Allegra ci rimane il dubbio sui grani antichi siciliani: possibile che non abbiano mercato? Ma se – come è venuto fuori dalle analisi del DNA – c’è chi dice di produrre pasta con questi grani antichi, pur utilizzandoli in minima parte e, quindi, non dicendo il vero ai consumatori (COME POTETE LEGGERE QUI)? Insomma, la richiesta di questi grani antichi siciliani, da parte del mercato, non dovrebbe mancare.
Proviamo a farci dare qualche ‘lume’ da Giuseppe Li Rosi, protagonista di ‘Simenza’, un’associazione culturale di agricoltori e di allevatori molto attiva nella nostra Isola. Parliamo di una realtà importante, che raccoglie 78 aziende: agricole, zootecniche e di trasformazione dei prodotti della terra. E poi sei pastifici, sei panifici e undici mulini. Sono circa 5 mila gli ettari interessati da questa esperienza. Terreni sparsi per tutta la nostra Isola, “da Pozzallo a Dattilo”, ricorda Li Rosi.
Simenza punta sui grani siciliani antichi. “Ma da soli è difficile operare in questo settore – ci dice Li Rosi -. La nostra esperienza insegna che, con i grani antichi bisogna operare in gruppo. Con i contratti di produzione noi sappiamo prima a chi venderemo i nostri prodotti. E noi – una volta ne ho parlato anche con voi – il nostro grano lo vendiamo anche a 90 euro al quintale”