Ora il Sistema Paese difenda le nostre Pmi
Il riconoscimento dell'eccellenza del made in Italy ma anche il rammarico che un altro pezzo dell'industria sfugge al nostro controllo: Filippo Ferrua, presidente di Federalimentare e manager di Ferrero, non trascura le dinamiche del mercato globale ma recrimina sulle inadempienze del sistema Paese. «Se in Italia avessimo sviluppato una vera politica industriale – prosegue Ferrua – non avremmo questo stillicidio di Pmi italiane che finiscono in mani straniere: le famiglie o gli azionisti di controllo non possono resistere a lungo a offerte milionarie: è obiettivamente difficile dire di no».
Il presidente degli industriali dell'alimentare si sofferma sulle mancate politiche di sostegno all'export e agli incentivi per la crescita aziendale. Sottolinea l'errore di aver soppresso l'Ice. «Ora però – prosegue – è stata ricostituita e possiamo recuperare il tempo perduto. Ma sulla crescita dimensionale andrebbe alzata in maniera significativa la soglia che consente la defiscalizzazione delle operazioni di fusione ed acquisizioni aziendali. Allargherebbe le spalle alle nostre imprese che potrebbero affrontare mercati lontani come Russia, Cina e India».
Ieri, in occasione del convegno del Centro studi di Confindustria, «il ministro Passera ha incoraggiato le imprese a non lesinare suggerimenti utili per il rilancio e la crescita. Il suo è stato un messaggio positivo ma ora è importante che il Governo apra una nuova via in fatto di liberalizzazioni e semplificazioni amministrative. Anche così si fa crescita».
In attesa che le nostre Pmi si sviluppino non si può sfuggire alla logica delle multinazionali. «Le grandi società – aggiunge Ferrua – dispongono di risorse miliardarie. E non penso solo agli americani e ai russi, ma anche ai cinesi. Ovvio che in questo quadro noi recitiamo il ruolo del vaso di coccio nonostante il nostro export viaggi a due cifre».
E l'export, soprattutto per il futuro, rimane l'unica valvola di sfogo per un mercato domestico in apnea. Secondo stime di Federalimentare nel 2011 la produzione potrebbe segnare un calo dell'1,5%, a parità di giornate lavorative. Il che potrebbe significare la terza, e più pesante, caduta del Dopoguerra. Nel 2012 però si rischia un altro scivolone: dell'1 per cento. Ma potrebbe andare anche peggio. Il recente aumento dell'Iva al 21% ha colpito più di un terzo dei consumi alimentari. E col ventilato ulteriore incremento di due punti delle fasce Iva al 10% e al 21%, previsto dalla manovra del Governo dal 1° ottobre 2012, l'impatto si allargherebbe al 75% dei prodotti alimentari, con gravi effetti recessivi.
Che fare? «In primo luogo – sostiene Ferrua – bisogna spingere sul pedale della domanda, unica strada per rilanciare una fascia enorme del largo consumo: quella degli alimentari. Ma rinunciando a ogni ulteriore inasprimento fiscale».
Ma come convincere il Governo a investire sul rilancio dei consumi? «Ci sono ricette – conclude Ferrua – che, con investimenti contenuti, potrebbero funzionare. Vogliamo però impostare una strategia di filiera: produzione e distribuzione. Ne parleremo nei prossimi giorni ma per presentarla al Governo dovremo rinviare a gennaio».
Fonte: Il Sole 24 Ore