Rotta su qualità e nuovi mercati
Ecosistema agroalimentare. Sempre più aperto ai mercati esteri, il comparto food del Piemonte guarda ai 200 milioni di nuovi consumatori stimati da qui al 2017. In alto, la lavorazione delle nocciole, eccellenza piemontese
Esportazioni che corrono più della media nazionale. Quota di fatturato oltreconfine quasi doppia rispetto al resto d'Italia. Giro d'affari 2011 vicino ai 12 miliardi, realizzato col contributo di 38mila addetti. L'ecosistema agroalimentare in Piemonte è una multinazionale in piena regola, che esporta eccellenze del made in Italy in tutto il mondo: dai vini ai formaggi, dai dolci a prodotti tipici. Persino l'aceto. Alla vigilia del Salone del gusto di Torino, tuttavia, non mancano spie d'allarme per il settore. Che se oltre confine corre, in Italia rischia il fuorigiri.
Secondo i dati elaborati da Unioncamere Piemonte per il Sole-24 Ore, il numero di aziende alimentari registrate a fine settembre era di 4.124, in leggera crescita. Ma l'intera filiera si riduce: 64.970 le realtà agroalimentari a fine settembre, 1.400 in meno rispetto a settembre 2011 e 3mila in meno su settembre 2010. Un'erosione che colpisce soprattutto l'agricoltura. «A preoccupare è la durata di questa crisi, siamo arrivati al quinto anno. La paura è che possa diventare fisiologica e normale»: a esprimere questi timori è il presidente di Federalimentare Filippo Ferrua (che è anche direttore generale del gruppo Ferrero). «Se le famiglie contraggono anche voci di spesa che sono sempre state considerate obbligate, a noi non resta che spingere ancora di più sul canale dell'esportazione». La conferma arriva anche da Lamberto Vallarino Gancia, presidente di Federvini e piemontese doc: «In Italia, alla crisi si aggiungono gli effetti di alcuni provvedimenti come l'aumento dell'Iva e la tassa sullo junk food, che comprimono i consumi. In chiave di rilancio dobbiamo guardare oltre confine, a Russia, Cina, Brasile, Oriente, che compensano le difficoltà dell'Europa».
FONTE: ILSOLE24ORE.COM
E il presidente del Consorzio Barbera d'Asti Monferrato, Lorenzo Giordano, crede esistano «margini di sviluppo sul mercato italiano, e ancora più a livello internazionale». Ma occorre attrezzarsi. Gancia guarda al 2015 e sottolinea la valenza strategica per il Piemonte di una sinergia con l'Expo di Milano. «Le nostre specificità potranno beneficiare del volano promozionale con impatti sull'incoming e sull'internazionalizzazione». La vetrina sarà mondiale, propedeutica alla sfida intravista da Filippo Ferrua: di qui al 2017 si calcola ci saranno 200 milioni di nuovi consumatori con un reddito di diverse decine di migliaia di dollari. «Dobbiamo essere capaci di intercettarli» avvisa. L'assessore regionale allo Sviluppo Massimo Giordano ricorda che la Regione è «in prima fila a sostegno del comparto anche al prossimo Salone del gusto, partecipa al cluster sostenuto dal Miur, con programmi di ricerca per far crescere il settore».
Fa eco l'assessore all'Agricoltura Claudio Sacchetto: «Il binomio tecnologia e qualità alimentare è parte fondante del futuro dell'agricoltura piemontese e di tutto il comparto primario». E Giordano ricorda «il prossimo varo del piano dell'internazionalizzazione per contribuire al posizionamento delle aziende sui mercati esteri».
Azioni di sistema sono quelle che chiede il mondo imprenditoriale. Ferrua sottolinea come «il Piemonte sia più virtuoso della media nazionale. Nel 2011 il nostro export è cresciuto del 12% contro il 10% a livello nazionale». Mentre sul primo semestre 2012 la crescita dell'export è del 5% rispetto allo stesso periodo 2011. E l'assenza di un traino nazionale adeguato rischia di ripercuotersi a livello territoriale: internazionalizzazione per pochi grandi gruppi, mentre le piccole e micro imprese faticano a spingersi all'estero. Sullo sfondo, i mali storici come «la burocrazia, ma anche la scelta sbagliata di chiudere l'Ice per poi vedersi costretti a resuscitarlo» sottolinea Gancia, ricordando però come il rilancio non sia ancora completo. Inoltre, rimarca Ferrua, alle aziende manca il sostegno di catene della Gdo in grado di spingersi oltreconfine (francesi e tedeschi sono in Cina da anni). Per il presidente di Federvini, l'agroalimentare contiene tutti gli ingredienti per essere volano dell'economia piemontese e italiana, anche con un «forte ruolo sull'incoming: oggi chiunque in Europa conosce il Piemonte e le sue tipicità», ma bisogna fare di più per esaltare queste eccellenze. Le aziende, però, si trovano a fare i conti con un'ulteriore insidia che erode fatturato: «Il cosiddetto italian sounding», sottolinea Franco Ponti, presidente del sindacato Aceti. «Da un lato – dice Ponti – dobbiamo fare i conti con il crescente costo delle materie prime. Dall'altro il peso delle imitazioni si fa sentire su quei mercati nei quali entriamo grazie al grimaldello dell'aceto balsamico, che traina l'intero settore». D'accordo Ferrua: «Servono azioni che non possono sostenere le imprese. Vanno stipulati accordi bilaterali per imporre maggiori controlli».